Diocesi di Como

Quattro parole su un prete di strada

Tre parole anzi quattro mi trag

gono di fronte alla tragedia dell’uccisione di don Roberto Malgesini. Una è assassinio, due è senzatetto, tre è psichiatrico. La quarta non riesco a dire, sta dentro in quell’immagine di prete di strada, in quello sguardo felice, felice d’amare, che pare lasciar uire dagli occhi, dal cuore, la vita. Uno, l’assassinio. La voce della morte, dentro l’impulso aggressivo. Un impulso che abita il sotterraneo scuro dell’essere umano, e che mi viene paura a chiamare se sia istinto o recesso dell’anima. È un seme. È un seme, dentro, che può farsi sterile o fecondo secondo il nutrimento che riceve, e il nutrimento che lo rigon a è l’odio. Da tempo ormai il tempo nostro è tempo d’apprendimento dell’odio. Incivile qual sia il mondo ab antiquo, no a crudeltà innominabili, è registro di storia che a scuola si apprende, e nulla pare aver insegnato al mutamento. Incivile qual è divenuto di recente fra noi il linguaggio (e il pensiero) dell’odio ordinario nei rapporti sociali antagonisti, procura frutti di crudeltà su scala in nita. Ma senzatetto che vi ha a che fare? Senzatetto è una crudeltà preventiva, un innesco di potenziale rancore. Senzatetto è un’ingiustizia e un insulto, una povertà che grida il suo dolore nelle nostre città di palazzi dismessi, di ville, di case, di tetti normali e ordinari, persino di alveari poveri o di tuguri, e ne resta esclusa ed espulsa senza un sasso ove posare il capo. Su quali spalle pesa il dolore, se non le nostre? E psichiatrico che vi ha a che fare? Ogni malattia è dolore, ma la malattia che toglie il senno è più crudo mistero. Per tempo in nito ce ne siamo difesi con la segregazione, i muri e le camicie di forza, poi i rimorsi di coscienza hanno messo in libertà quel dolore, promettendo di curarlo a casa, ma la promessa non ha raggiunto il suo traguardo. Che cosa fare, dunque? E c’è quella quarta parola, che non so dire, e che germoglia dentro il cuore d’un prete di strada e che brucia come fuoco nelle ossa d’un profeta, e che ha un’unica folle sapienza che è il dono. La parola che consuma tutte le altre, e che è vita proprio perché è vita disposta a perdersi per amore. L’unica vita che non conosce morte nella morte. Il pianto di oggi è promessa, don Roberto, che il tuo cammino non sarà abbandonato.

Da: Il settimanale della Diocesi di Como, di Giuseppe Anzani